Il Protocollo di Kyoto

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Un accordo che va menzionato (in quanto è il primo trattato giuridicamente vincolante) per la sua importanza è il cosiddetto Protocollo di Kyoto. Si tratta di un’intesa internazionale volta a contrastare l’ormai celebre Global Warming sottoscritta in Giappone a Kyoto nel dicembre del 1997 ed entrato ufficialmente in vigore il 16 febbraio 2005.

Quali obiettivi ha il Protocollo? Perché la sua entrata in vigore è stata tardiva?

L’intento del trattato fu di far in modo che i Paesi aderenti riducessero le proprie emissioni dei principali gas serra con percentuale non inferiore a 5,2% rispetto i livelli del 1990, gas responsabili del surriscaldamento globale, questo per il periodo 2008-2012 (gli argomenti gas serra e surriscaldamento globale verranno trattati in appropriata sede). Il trattato stabilì che, per la sua entrata in vigore, dovessero ratificare (cioè rendere legale) un numero di Nazioni non inferiore a 55. Inoltre che le emissioni di gas serra globali di origine antropica (emesse dall’uomo) di quelle stesse Nazioni, dovessero essere in percentuale non inferiore al 55%. Solo con la ratifica della Russia, il Protocollo di Kyoto entrò ufficialmente nel suo ruolo nel 2005. Con la Legge 120/2002, anche l’Italia ha ratificato la Convenzione.

Il 31 dicembre 2012 è scaduto il primo periodo d’impegno previsto dal Protocollo. Con il trattato di Doha (Qatar) e organizzato dalla Nazione Unite, si è esteso il rinnovo con ratifica del nostro Paese (Legge 79/2016), i cui nuovi obiettivi sono stati allungati al 2020, come la riduzione delle emissioni del 20% al 2020 rispetto ai livelli del 1990.

Pur riconoscendo che è stato fatto un importante passo avanti, il trattato presenta tuttavia ancora delle incongruenze in quanto vi deve essere un costante adeguamento dei programmi. Le misure prese finora non sono sufficienti al contenimento dei cambiamenti climatici perché, da una parte, fra i Paesi non c’è una ripartizione equa delle riduzioni, le cui percentuali variano in base allo Stato (per l’Italia la riduzione deve essere 6,5%, per la UE dell’8%). Dall’altra, non sono previsti dei limiti sulle emissioni dei gas serra per i Paesi in via di sviluppo perché ciò andrebbe a riflettersi sulla produzione e sui consumi energetici, colpendo anche altri settori quali quello agricolo, incrementando costi aggiuntivi che diverrebbero difficilmente sostenibili tanto da condizionarne lo sviluppo.

Contrariamente alle aspettative però, i dati ci dicono che c’è stato un incremento e non una riduzione delle emissioni, allontanandosi dagli obiettivi prescelti. Nonostante l’elevata adesione delle Nazioni al trattato (attualmente 195), vi sono Paesi che ancora non hanno aderito, che lo hanno fatto ma senza ratificare, oppure sono usciti. Tra questi, emblematico è il caso degli U.S.A. Nel ’98, sotto l’Amministrazione Clinton, gli Stati Uniti entrarono nel trattato, ma nel 2001 la presidenza G.W. Bush ne decretò l’uscita. Con Barack Obama, gli U.S.A. rientrarono nell’accordo, ma né con Clinton, né col suo successore (quest’ultimo con ben due mandati presidenziali) ratificarono il trattato. Nel giugno del 2017 l’attuale Presidente Trump ha confermato ciò che era nel suo programma elettorale: l’uscita dal Protocollo di Kyoto, che, se convalidato, diverrà effettivo nel 2020 secondo gli accordi.

Ma con così tanti Paesi firmatari, perché è fonte di preoccupazione l’uscita degli Stati Uniti e la non adesione di pochissimi altri?

Semplicemente perché gli Stati Uniti sono fra i maggiori produttori globali di gas serra; quasi il 40%! Inoltre Cina e India non hanno obblighi sulla ristrettezza delle emissioni, così come non li hanno altri Paesi in via di sviluppo. Quindi mancano i principali Paesi inquinatori. E’ un punto di fragilità per l’accordo.

Alla stesura di questo testo, l’ultimo incontro sul clima è stato il COP24 a Katowice (Polonia) nel dicembre 2018. Circa 200 Paesi hanno aderito e firmato l’accordo sul clima di Parigi del 2015 dopo ben due settimane di discussioni. Punto positivo da evidenziare è che Cina, Stati Uniti e UE (tra gli Stati più inquinanti del pianeta) sono giunti (faticosamente) ad un compromesso su come misurare le loro emissioni così da limitare il riscaldamento globale. La prossima conferenza sul clima COP25 si svolgerà in Cile, a Santiago, 11/25 novembre 2019.

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