Il mito di Fetonte e di Eridano è un classico della mitologia greca. Lo hanno raccontato illustri autori: da Ovidio ad Aristotele, da Plutarco fino a Boccaccio. La leggenda ci racconta che un bel dì Fetonte, figlio di Elios, (il Sole) e di Climene, (figlia di Oceano), si impadronì del carro paterno sul quale ogni giorno venivano trasportati luce e calore alla madre Terra. Ma Fetonte, incapace di guidare il carro, lo trascinò troppo vicino e con i raggi roventi, sulla Terra si incendiarono campi e foreste. Giove (Zeus per i greci) accortosi della vicenda scagliò un fulmine contro il giovane, il quale precipitò in un fiume: il Po.
Ed è proprio a partire dal fiume Po che snoderò un percorso virtualmente fluviale fino alla nostra meta: il Parco fluviale del Po. Da circa cinquant’anni gli abitanti della zona hanno perso quel contatto con il grande fiume tipico dei nostri avi. A partire dagli anni sessanta le sue acque vennero sfruttate in maniera intensiva dall’agricoltura e dall’industria, con la nascita di numerose discariche di liquami e di intere spiagge di pietrisco e contenitori di plastica. Negli anni ottanta una miglior presa di coscienza da parte delle istituzioni del luogo, una crescente sensibilità delle popolazioni locali e l’intervento della regione Piemonte, hanno permesso la nascita, con la L.R. n. 28 (legge regionale) nel 1990, del Sistema delle Aree protette della fascia fluviale del Po piemontese. Dalla nascita sul Monviso a circa 2022 m, il fiume percorre 235 km, bagnando un’area protetta gestita da tre enti, uno per il cuneese, uno per il torinese e uno per il tratto vercellese-alessandrino. In quest’ultimo tratto il fiume lambisce tre province: Torino, Alessandria e Vercelli . Vediamo allora di snodare tre percorsi ambientali che vanno a descrivere in maniera quanto più esauriente possibile il territorio circostante il fiume stesso: un percorso di tipo geologico, uno faunistico ed uno botanico.
Noi sappiamo che ancora circa un milione di anni fa la Pianura Padana non era il territorio che vediamo oggi: al suo posto c’era un grande golfo con flora e fauna di tipo sub-tropicale. Questa porzione di territorio, costituita da successioni di ambienti marino e continentale, si estendeva nell’Italia settentrionale, da est a ovest, a partire dal mar Adriatico fino alle propaggini delle Alpi occidentali. La Pianura Padana è percorsa più o meno centralmente dal fiume più lungo d’Italia, appunto il Po.
Un evento che io ritengo molto interessante e che avviene praticamente da milioni di anni, è che il territorio padano è un’area geologica in continua trasformazione. Da circa cinque milioni di anni il territorio sta subendo un forte abbassamento del suolo, fenomeno questo che viene detto subsidenza. Questa tende a creare una sorta di depressione che viene riempita gradualmente da un continuo apporto di sedimenti e legata al peso e alla compattazione dei sedimenti stessi (ghiaie, sabbie fango) provenienti dalla catena montuosa alpina che viene “smantellata” dal fiume Po. Tutti questi detriti, trasportati a valle, si depositano e fanno peso. Sembra difficile pensare che i sedimenti pesino a tal punto da provocare un abbassamento del territorio, ma dobbiamo tenere conto che i volumi e i carichi in gioco sono ingenti e a conti fatti capiamo qualche cosa di più: una colonna di sabbia con una base di un metro quadro e alta un chilometro può pesare quasi 2500 tonnellate! Se non ci fosse questo apporto di materiale, la Pianura Padana risulterebbe circa come la Fossa delle Marianne, molto profonda. Il fenomeno viene stimato attraverso la perforazione di pozzi e più ci si avvicina al delta del Po, verso est, e maggiore è la subsidenza. Venezia, che è in lotta con il fenomeno dell’acqua alta da parecchio tempo, ne è un chiaro esempio. Sedimentazione e subsidenza sono processi lenti, molto lenti, che avvengono da milioni di anni e che noi non riusciamo a percepire. Ma oltre alle cause naturali, l’abbassamento del suolo è legato, nell’ultimo secolo, a cause antropiche, cioè all’uomo. Infatti la continua estrazione di acqua per scopi industriali, agricoli o domestici, sta accelerando il fenomeno e ciò comporta un aumento di danni ambientali dovuti alle alluvioni. Aumentando la subsidenza, infatti, si formano depressioni che, se non colmate da detriti, possono diventare dei veri e propri bacini di raccolta delle acque. In caso di esondazioni, questi bacini si possono riempire con le conseguenze che ben conosciamo (gli abitanti, me compreso, ricorderanno le alluvioni del ’94 e del 2000!). Naturalmente un aumento di questi fenomeni corrispondono anche dei costi sociali ed economici elevatissimi.
Per quel che riguarda la realtà del Parco del Po, in particolar modo della fauna e della flora di questo, come ho detto agli inizi, il Parco venne istituito nell’aprile del 1990 partendo da un’area protetta: la Riserva Naturale della Garzaia di Valenza. Qui sono stati compiuti una serie di studi e di censimenti sugli organismi del Parco, come uccelli, insetti rettili e mammiferi. Partiamo da questi ultimi. Interessanti presenze di specie si snodano nel territorio. Lo Scoiattolo (Sciurus vulgaris) lo possiamo trovare tanto nei rilievi collinari, quanto lungo i corsi d’acqua. Il Tasso (Meles meles) presenta caratteristiche territoriali simili allo scoiattolo se non fosse per il fatto che il tasso è legato soprattutto alle zone boschive, perché è li che costruisce le sue tane, come le radure incolte boschive. Un tipo di mammiferi appartenenti alla famiglia dei Mustelidi è rappresentato dalla Donnola (Mustela nivalis), la Faina (Martes foina), e dalla Puzzola (Mustela putorius), anche se quest’ultima è un po’ più rara. Da sottolineare il fatto che stata riscontrata pochi anni fa la presenza della martora (Martes martes), che in Pianura padana non era nota, in quanto il suo areale è più verso le Alpi o gli Appennini. La Lepre comune (Lepus europaeus) si fa sempre più rara in quanto sia l’attività venatoria che l’introduzione di speci provenienti da allevamenti esteri, stanno lentamente riducendo le popolazioni autoctone cioè del posto, anche in relazione a possibili patologie che le speci del luogo avrebbero difficoltà a sopportare. Anche la presenza del Cinghiale (Sus scrofa) da qualche tempo sta diventando un problema come controllo delle popolazioni, anche se il Parco, a partire dal 2000, sta operando con un piano di controllo delle popolazioni. Stessa sorte sta toccando alla Mini lepre e alla Nutria (rispettivamente Sylvilago floridanus e Myocastor coypus). Su quest’ultima si stanno adottando piani d’intervento per il controllo delle popolazioni. Interessante è il fatto che nella zona di Cantavenna (prov. AL) è stata segnalata la presenza del capriolo (Capreolus capreolus). Per quel che riguarda la fauna ornitologica cioè che riguarda gli uccelli, interessante è la presenza di più di 240 specie, anche in relazione al fatto che ci troviamo di fronte ad un grande fiume come il Po e alla presenza di due importanti confluenze come i fiumi Sesia ed il Tanaro. Uccelli come l’Airone bianco maggiore (Casmerodius albus), lo Smergo maggiore (Mergus merganster), l’Avocetta (Recurvirostra avosetta), sono alcune delle decine di specie fra le più presenti sul territorio. Interessante è il fatto che è stata rilevata la presenza della Moretta tabaccata (Aythya nyroca) che è una specie minacciata su tutto l’areale mondiale e che predilige un’ ambiente umido con la presenza di canneti e acque calme. Non possiamo tralasciare anche il Tarabuso (Botaurus stellaris) volatile non facile da vedere e che ama ambienti come le rive fluviali e le acque stagnanti. Una presenza considerevole, intesa come numero di individui, è determinata da altri ardeidi come l’Airone cenerino (Ardea cinerea), la Garzetta (Egretta garzetta) e le Nitticore (Nycticorax nycticorax).
I rettili sono presenti con la Testuggine d’acqua (Emys orbicularis) la cui presenza è stata accertata nei pressi di Morano Po e che risulta essere parecchio rara in Piemonte.Nel bosco di Trino notiamo la presenza della Natrice dal collare (Natrix natrix) l’Orbettino (Anguis fragilis) e la vipera comune (Vipera aspis). Nel Parco riscontriamo la presenza della Salamandra pezzata (Salamandra salamandra), Il Rospo comune (Bufo bufo), il Rospo smeraldino (Bufo viridis)
Un accenno anche all’ittiofauna (i pesci): segnaliamo la presenza di specie importanti come: il Cavedano (Leuciscus cephalus cabeda), l’Arborella (Alburnus albidus), la Carpa (Cyprinus carpio), ma anche la Tinca (Tinca tinca). Da ricordare una specie in particolare, alloctona cioè che non è di questi habitat, come il Siluro d’Europa (Silurus Glanis), pesce questo sul quale non si hanno dati certi sulle popolazioni, ma si sa che sono in costante aumento.
Diamo un’occhiata adesso agli insetti. Per quel che riguarda i Lepidotteri (le farfalle per intenderci), senza soffermarci per questioni di spazio, sono state censite 231 specie nel solo territorio della Riserva naturale della Garzaia di Valenza, delle quali 24 specie sono ritenute di particolare interesse faunistico. I Coleotteri invece contano una quarantina di specie e proprio la Garzaia rappresenta la località piemontese con la maggior densità di specie e tra le più ricche d’Italia.
Tra gli Odonati (le celebri libellule) se ne è accertata la presenza con una specie piuttosto rara e di un certo interesse naturalistico come Brachytron hafniense.
Vogliamo dare un’occhiata ora all’ultima parte del nostro percorso naturalistico? Occupiamoci della flora. Ritroviamo specie come la Farnia (Quercus robur), il Pioppo bianco (Populus alba), la Robinia detta anche in dialetto “Gasia” (Robinia pseudoacacia), il Sambuco comune (Sambucus nigra), il Biancospino comune (Crataegus monogyna). Suggestiva in primavera la fioritura della Robinia, che, pur essendo una pianta infestante mostra comunque la sua bellezza espressa dagli innumerevoli fiori bianchi. Risultano inconfondibili i frutti rossi del Sambuco simili a bacche, usati per le marmellate. Si stanno facendo inoltre, lungo le sponde del fiume, importanti reinserimenti di specie botaniche quasi scomparse come ad esempio il Pioppo nero (Populus nigra).
L’ente si sta adoperando anche da un punto di vista turistico, aprendo alcuni sentieri che per parecchi anni sono stati inutilizzati e dunque inghiottiti dalla vegetazione.Giunto al termine di questo percorso, vorrei far presente la responsabilità che ognuno di noi ha nei confronti dell’ambiente sopra descritto non dimenticando l’ importanza del fiume Po che, in passato, ha fortemente contribuito a definire gli aspetti geologici e geomorfologici del territorio, influenzando quello che sarà fauna e flora odierni.