Ben Harvey, ricercatore presso il Centro Ricerche Marine Shimoda dell’Università di Tsukuba, sostiene che il fenomeno dell’acidificazione è una minaccia per la vita marina in quanto fattore di stress. La ricerca è stata condotta in un lago vulcanico marino al largo delle coste di Shikine-jima (Giappone) dove il biossido di carbonio che bolle nel fondo marino riduce il ph dell’acqua marina dai livelli attuali ai livelli futuri previsti. Usando una tomografia computerizzata (CT) gli scienziati hanno misurato lo spessore, la densità e la struttura dei gusci e hanno riscontrato un dimezzamento dello spessore, mentre la lunghezza media si è ridotta da 178 mm a 112 mm.
Uno scorcio di costa dell'isola di Shikine jima
Robert H. Byrne (University of South Florida) ha condotto una serie di ricerche compiendo misurazioni del pH marino su un’area compresa tra l’Alaska e le isole Hawaii, nell’Oceano Pacifico. A partire dalla superficie fino ad una profondità di 100 m, ha dimostrato che negli ultimi 20 anni l’acidità oceanica ha subito incrementi dell’ordine del 6%. Si è riscontrato che il pH medio degli oceani è diminuito di 0,12 unità, passando da 8,2 a 8,1. Il valore citato può sembrare irrilevante, ma vorrei ricordare che la scala di misurazione del pH non è come quella dei termometri, ma di tipo logaritmica. Questo significa che passare da 8,2 (valori pre-rivoluzione industriale) a 8,1 (valori attuali) equivale ad un incremento del 30% dell’acidità! Una stazione di rilevamento dell’Università delle Hawaii posizionata nel Pacifico centro-settentrionale ha ottenuto dati dal 1989 al 2009 e ha messo in evidenza che con l’aumentare della CO2 in atmosfera, il pH tenderà a diminuire.